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Cronaca semi-fedele di un esame IA

Paola Romanucci

Venerdì 12 gennaio, Primo Giorno: la Didattica.

Alle pendici del Monte Vettore, i convenuti – Istruttori e Allievi del Centro Sud per una latitudine compresa tra Perugia e Palermo – presagiscono le pessime condizioni di innevamento dal tipo abbronzato con un secchio in mano che sul valico di Forca di Presta urla “cocco, cocco bello”. In compenso, il Rifugio degli Alpini, debitamente prenotato pagato e confermato, è chiuso.

Il gruppo si trasferisce in Valle Santa, dove lo Scoglio dell’Aquila è muto testimone di un’epica simulazione di Lotta con l’Alpe: su una lingua di neve opportunamente spalata e ammucchiata lungo un pendio puntecchiato di narcisi e nontiscordardime, muniti di equipaggiamento completo per temperature e difficoltà estreme, Istruttori e Allievi si producono senza risparmio in acrobatici tuffi nella neve. Il Brillante Allievo Adriano sbalordisce tutti con il suo “autoarresto carpiato con avvitamento”. Bene inzuppati, gli Allievi vengono quindi trasferiti alla base del Sasso Spaccato, un bastione di roccia compatta in ambiente isolato, per la seconda simulazione della giornata.

Il Brillante Allievo Adriano sorprende tutti con una impeccabile dimostrazione pratica di quarantasette tecniche di piolet traction (leggermente umiliati, i Direttori Palermi decidono che il Brillante Allievo Adriano comincia a rompere i coglioni). Alle tre del pomeriggio, inzuppati e sporchi, tutti accolgono con calorose espressioni l’arrivo del Gestore Gino, che esibisce un aspetto ben riposato e risponde con coloriti epiteti romaneschi. Inzuppata, sporca e affamata, la comitiva prende finalmente possesso delle camerate. Dabbasso li attende l’eminente Valangologo Mainini, che termina fra gli applausi la sua conferenza di quattro ore sulla conclusione, frutto di una esperienza quarantennale, che alle valanghe è meglio restare sopra piuttosto che sotto.

Zuppi, sporchi, affamati e rimbambiti, gli Allievi affrontano i quiz del test di intelligenza, redatto da un’equipe di ricercatori romani (“Si possono mandare i messaggini con l’arva?”). La cena si consuma in un clima di allegro cameratismo con gli Istruttori, che per sciogliere la tensione intrattengono gli Allievi con episodi di incidenti mortali e sonore bocciature. In un momento di confusione, l’Allievo Lino prende in consegna l’intera riserva di grappe del locale. Per il maggior comfort dei suoi ospiti, nottetempo il Gestore Gino porta la temperatura delle camerate a 40 C.

Sabato 13 gennaio, Secondo Giorno: l’Ascensione.

Sconvolto fin dalla sera precedente dall’apparizione della gigantesca mole dell’Istruttore Lattavo, un Allievo non è presente all’appello mattutino.

Nel corpo docente, su un iniziale approccio di filosofico distacco e rispetto della privacy (“cazzi suoi”) prevalgono le ragioni umanitarie: con piglio pragmatico, il Sergente Furiere Cotichelli rintraccia il nascondiglio del disertore grazie a una delazione (il delatore viene promosso Istruttore seduta stante), vi fa irruzione all’alba e, sigillato l’evaso dentro l’imbrago, lo trascina su una cresta del Monte Bicco sufficientemente ventosa da fargli rimpiangere di non essere fuggito per tempo nella natia Perugia.

Fin dalle quattro del mattino il Direttore Leggi saltella nella fitta nebbia piovigginosa, si frega le mani per le ideali condizioni meteorologiche, quindi – per non lasciare tempo materiale a eventuali sommosse – trascina di buon’ora alcuni malcapitati nel pieno della parete Nord del Monte Bove. Lungo la Maurizi-Taddei, via logica ed evidente (600 mt di dislivello, 2400 mt di sviluppo), i malcapitati vengono obbligati a praticare la sua originale versione del dry tooling ed assistono impotenti al suo altrettanto originale sistema di protezione dentro i camini (“passami la corda filante”).

Nel frattempo, altre cordate hanno già fatto rientro dal Monte Vettore, in un clima di generale delusione per la riuscita della salita del Canale Nord di Cima Lago, malgrado gli sforzi profusi con generosità e inventiva sotto la supervisione dei Direttori Palermi per creare le più inverosimili situazioni di pericolo (protezione da primo a secondo con secchiello e paletta; legatura alla corda con doppio fiocco).

I reduci vengono accolti nel rifugio dal Tenente degli alpini Lupi, che li intrattiene con una dotta lezione sull’alpinismo invernale dal Pleistocene fino agli anni Ottanta ma senza considerare gli anni dispari e bisestili, per ovvie ragioni di correttezza storiografica. Una rigorosa esposizione di nomi e date corredata da una proiezione convince in modo inoppugnabile il pubblico entusiasta che le pagine più sublimi della storia dell’alpinismo d’inverno sono state vergate da Walter Bonatti (parete Nord del Cervino) e da almeno due dozzine di alpinisti, tutti ascolani.

La Guida Alpina Franchino conferma con numerose testimonianze personali, il Direttore Leggi protesta energicamente contro la manifesta faziosità del relatore, poco edificante per gli Allievi, e propone di menzionare almeno otto alpinisti maceratesi in luogo di Bonatti. Siglato l’accordo – e poiché il Gestore Gino, poco sensibile all’aspetto culturale della serata, ha ficcato nel camino schermo e proiettore per servire la cena – la lezione di storia si conclude in una ovazione.

Dopo cena, l’Allievo Lino nega di avere visto le bottiglie di grappa e continua con noncuranza ad accendersi le numerose sigarette con l’alito. Molto impressionato dalla rigidezza del clima esterno, nottetempo il Gestore Gino porta la temperatura delle camerate a 80 °C.

Domenica 14 gennaio, Terzo Giorno: Il Verdetto.

paolaGli Allievi vengono sbrandati alle sette dal Direttore Leggi, stufo di saltellare dalle quattro nella tormenta a meno quindici gradi e contrariato per il fatto di non poter trascinare nessuno sulla Maurizi-Taddei, malgrado le ideali condizioni meteorologiche.

Allo scopo di scongiurare nuove diserzioni, porte e finestre del rifugio vengono sprangate. L’Istruttore Lattavo dà una dimostrazione pratica del paranco “Vanzo” con piastrina – barcaiolo – spezzone ausiliario – cordino con rami multipli – dodici autobloccanti – un robeman – nodi a palla, che presenta l’indubbio vantaggio di una facile e rapida esecuzione (il caduto deve collaborare, se non preferisce restare dentro il crepaccio. Subito dopo, gli Allievi vengono suddivisi in gruppi e interrogati su argomenti più o meno pertinenti all’alpinismo invernale (“come si fanno le orecchie di coniglio con la corda? Qual è il verso della giraffa?”). Gli Istruttori si riuniscono in seduta segreta. Dopo un pranzo frugale consumato nell’angoscia (pastasciutta carne mista alla brace insalata patate dolce caffè ammazzacaffè), gli Allievi vengono chiamati uno alla volta al cospetto della Commissione.

L’Allieva Romanucci viene redarguita per non aver risposto in latino alle domande.

L’Allievo Lino viene redarguito per non aver risposto in italiano intelligibile alle domande.

L’Allievo Fabrice viene redarguito per non aver risposto alle domande (“ma chemminchia me ne frega della piolet, io sto a Palermo”).

Il Brillante Allievo Adriano viene redarguito per aver risposto a tutte le domande e aver fatto anche numerosi disegni esplicativi non richiesti.

Il Sergente Balerna viene redarguito per aver fatto a tutti troppe domande.

Alla fine tutti gli Allievi vengono promossi, ma qualcuno deve ripassare bene il doppio fiocco e qualcun altro deve pagare tutta la grappa al Gestore Gino, che pulisce meticolosamente la canna del fucile.

Sulla strada del ritorno l’Istruttore Ares, impedito dalla tormenta nei suoi progetti alpinistici, si consola con emozionanti testa-coda sui tornanti ghiacciati, e riparte sgommando.

* (L’Autrice tiene a precisare che tutti i fatti e i personaggi narrati sono quasi rigorosamente veri)

Paola Romanucci


Fotografie

  1. Paola Romanucci sul granito di White horses (USA)