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L’ACQUA DEL PARCO E’ IN PERICOLO

Per meglio comprendere la filosofia del Piano Regolatore degli Acquedotti adottato dalla Regione Marche, ricorreremo ad una metafora. 
Immaginiamo un padre di famiglia che, per i propri figli, scegliesse la migliore acqua esistente, un’acqua dalle proprietà oligo-minerali che li farà crescere sani e robusti; e che per essa spendesse una somma consistente, perché sempre più rara. Immaginiamo che i suoi figli, viziati ed incoscienti, sprechino quest’acqua e ne chiedano sempre di più.
Il capofamiglia si troverà davanti a due scelte. La prima e più immediata è di acquistare più acqua per accontentare i figli, alzando il relativo budget. La seconda è di insegnare loro come utilizzare nel modo migliore il bene prezioso, imponendo loro regole precise per il suo utilizzo e, così, mantenendo immutata la spesa.
Fuori di metafora, con il Piano Regolatore degli Acquedotti 2025/2050 la Regione Marche ha scelto la prima, scellerata, soluzione: aumentare il prelievo delle preziose sorgenti montane. A conclusione di accurate analisi di dati e di statistiche, lo studio preliminare del Piano conclude che le risorse idriche sono in diminuzione e che la ricarica delle falde acquifere, a causa delle variazioni climatiche, è in progressivo calo.
Tuttavia, in palese contraddizione con tali premesse, la soluzione proposta della Regione è di assecondare passivamente la tendenza all’aumento del fabbisogno idro-potabile per persona (da 350 a 400 l/giorno !), aumentando la captazione delle preziose sorgenti delle nostre montagne, elemento vitale per il mantenimento di interi ecosistemi, all’interno di un Parco Nazionale che dell’acqua fa il suo biglietto da visita.

Gli interventi previsti dal Piano a carico dei Monti Sibillini sono i seguenti:

sul fiume Nera (sorgenti nel Comune di Castelsantangelo), un aumento dagli attuali 150 litri/secondo a ben 550.
Sul fiume Tenna (sorgenti a Capotenna, Comune di Montefortino), un raddoppio dagli attuali 95 a 190 litri/secondo.
Un aumento di 100 l/s sull’acquedotto di Capodacqua di Arquata, più altri 150 da sorgenti minori.

Quanto all’ingente quantitativo già captato dall’Aso (Foce di Montemonaco), il Parco sta difendendo la portata sorgentizia mediante un confronto sul Deflusso Minimo Vitale, che garantisce la stessa sopravvivenza del corso d’acqua.
A tutela di risorse preziose e vitali in naturale diminuzione, dalla Regione Marche ci aspettiamo e pretendiamo una decisa inversione di tendenza, rispetto alla politica di “mungitura” della montagna degli ultimi 50 anni. Ci aspettiamo la promozione delle reti duali, almeno nelle aree industriali. Ci aspettiamo che l’edilizia abitativa sia orientata al recupero di acque piovane. Ci aspettiamo l’abbattimento sostanziale delle perdite in rete, ben al di sotto della inaccettabile misura del 20%. Ci aspettiamo che il Piano degli Acquedotti diventi l’occasione per proiettare il territorio in un futuro in cui amministratori e cittadini siano alleati nel consumo consapevole dell’ “oro blu”.
Per questi motivi, le sottoscritte associazioni sollecitano la Regione Marche ad un drastico ripensamento del Piano in itinere e all’accoglimento di tutte le soluzioni necessarie e idonee alla salvaguardia degli inestimabili beni comuni rappresentati dalla risorsa idrica e dell’ambiente montano, che da essa dipende.

Sezione C.A.I. di AP
Circolo Legambiente di AP
Sezione Italia Nostra di AP