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Achille Cardarelli

achille

1949 / 2007

Molto spesso oggi non si sente parlare di Alpinisti se non di quelli grandi, famosi, che hanno alle spalle curriculum incredibili, salite difficilissime, spesso ai limiti delle proprie capacità. Ringrazio molto di avere l’opportunità di raccontare di Uno normale, come tutti noi, che non ha mai fatto cose estreme (ma neanche banali) perché ha messo sempre davanti a tutto lo stare insieme agli altri ed il divertirsi.

achilleTutto inizia con le prime esperienze dei campi in montagna organizzati dal parroco del paese. Lì ‘Chille inizia con l’amico Carletto Angelici a fare le prime passeggiate estive e, appena possibile, queste si trasformano nelle prime scappatelle invernali: parliamo dei primi anni ’70, quando i due amici ancora non sapevano dell’esistenza dei ramponi (addirittura pensavano di inventarli usando i tappi a corona delle bottiglie della birra) e l’unico attrezzo per la progressione era un piccone da muratore. Consapevoli della scarsità della loro preparazione e complice un ritaglio di settimanale che pubblicizzava “Imparate ad arrampicare” i due amici si imbarcano su una vecchia Mini Minor alla volta della Val Gardena: è il 1976 quando si trovano a frequentare un Corso di Roccia organizzato da una Guida Alpina di quelle zone. Gli insegnamenti furono molto importanti: sicura a spalla, si arrampicava con gli scarponi, discesa in doppia alla Piaz, ecc. Il 1977 è l’anno magico: di ritorno dall’esperienza in Dolomiti i due decidono di iscriversi ad un Corso di Alpinismo organizzato dal CAI di Ascoli Piceno, dove hanno la fortuna di incontrare Peppe Fanesi, Tiziano Cantalamessa, Tito e Guido Ciarma e tanti altri, per i quali per tutta la Sua vita ‘Chille avrà sempre parole di ammirazione e grande affetto.

Fu magico perché solo in quell’anno con Carletto ripetè circa 20 vie sul Gran Sasso e Pizzo del Diavolo: le classiche facili, anche se per due che non sapevano nemmeno la strada per arrivare a Prati di Tivo (pensavano si dovesse passare per San Gabriele!) potrebbe anche risultare abbastanza “grande” aver fatto, fra le prime salite, la Cresta Nord alla Vetta Orientale del Gran Sasso.

Nel 1980 è la volta dello Sci Alpinismo: ‘Chille si iscrive ad un Corso del CAI di Macerata dove avviene un altro incontro importantissimo. Dopo il Corso, in partenza per una domenica in montagna, dice a Carletto: “oggi viene uno che è un rompi palle che tu non ti rendi conto!”. Si trattava di Mimmo Pistonesi che, insieme a Stefano Principi, tutti costituiranno il gruppo di tutte le uscite in montagna.

Montagna, sì, e non solo alpinismo, ma anche i funghi, le passeggiate, le arrampicate, le salite su neve, lo sci alpinismo…un amore sfrenato per tutto quello che si poteva fare in quell’ambiente di cui era profondamente innamorato.

festa a san vitoNegli anni ’80 arriva quello che poi costituirà una svolta nel modo di concepire la montagna: il titolo di Istruttore di Alpinismo. Senza abbandonare gli amici di sempre nasce la passione per l’insegnamento anzi, per la condivisione di una passione. È così che a San Benedetto del Tronto, dove fino ad allora l’Alpinismo aveva visto solo sporadiche apparizioni di qualcuno, si organizzano i primi corsi di Roccia e di Alpinismo Invernale, riuscendo a creare un gruppo veramente affiatato di appassionati, molti dei quali sono oggi forti alpinisti ed Istruttori della Scuola.

Nel 1982, insieme a Carletto e Mimmo, va sul Monte Bianco, e nel 1987 sul Monte Kenia , nel 1985 sul Cervino con Stefano, oltre a ripetere le grandi classiche di medie difficoltà al Gran Sasso e sui Sibillini. Piano piano si allontana dal gruppo di San Benedetto: successivamente ad una sciagura accorsa in quei tempi, venne criticato proprio per quello che con tanta dedizione aveva cercato di mettere insieme, dovendo sottostare all’accusa di aver creato un gruppo di esaltati.

Ma è soltanto l’inizio di una nuova esperienza, il ritorno in quello che era stato un po’ il giro iniziale necessario a far avviare la sua passione: il gruppo di Ascoli. Collabora molto con gli amici Ascolani, in un ambiente di certo più orientato all’Alpinismo rispetto alla “culinarietà” che ormai imperava all’interno del gruppo di San Benedetto, ed ha sempre vissuto questo decadimento come una sconfitta personale, come se non fosse riuscito a realizzare fino in fondo i suoi disegni.

E ad Ascoli c’è la rinascita, amici vecchi e nuove conoscenze per Lui, il più vecchio di tutti, ma con uno spirito e la vitalità di un ragazzino.

achilleMa non era solito lasciare le cose a metà, e ritenta, ancora una volta, di ricordare alla Sezione di San Benedetto che il CAI è il Club Alpino Italiano, dovrebbe cioè occuparsi di Montagna, di Alpinismo. Insieme ad un gruppo di Alpinisti ne prende le redini ma, come accade nella consuetudine politica purtroppo presente all’interno di tutti i gruppi umani (anche il CAI) decide di abbandonare nuovamente, stavolta definitivamente, perché inorridito di fronte a chi pretende la Sezione come un gruppo di accompagnatori della domenica, a chi vuole che tutto sia facile, a chi non ama conquistare le cose ma vuole solo che gli vengano preparate dagli altri e, essendo capace di fare tutto tranne che l’alpinismo, si permette di criticare Chi invece cerca di condividerlo con gli altri. Ho insistito su questo aspetto perché nelle Sue parole ho sempre sentito un fortissimo dolore, ha preso sempre questi fatti come un tradimento, e sono certo che questa delusione sia stata veramente grande, e lo sarebbe ancora di più se adesso l’avessi nuovamente celata.

Ed al gruppo dei Vecchi (Carletto, Mimmo, Stefano) prima e, in seguito, a quello della Scuola del Piceno ho l’onore di unirmi. Inizio a guardare con occhi diversi tutta la mia adolescenza e sogno che un giorno riuscirò a fare quello che Lui fa. Ne sono innamorato, mi ha messo dentro un qualcosa che lì per lì non so spiegare, ma è quella cosa che mi fa svegliare la mattina prima di Lui, mi fa aspettare in cucina che scenda le scale per dirgli: posso venire con te? “No” è la risposta, per vedere (ma questo lo capirò solo più tardi) se la mia era veramente voglia di provare ad amare quel mondo o se era solo per togliermi uno sfizio. Se la domenica dopo mi fossi fatto trovare lì sarebbe stata, per Lui, una cosa seria. Ed io ero lì, e da quel giorno non è stato mai più “no” ma sempre “si”.

Insieme a Lui avrei fatto di tutto perché mi dava sicurezza, mi sentivo protetto, e così iniziamo un grande Viaggio, la parte più importante della mia vita, un Viaggio che è stato un insegnamento, non solo di Alpinismo, ma di come si sta al mondo…e penso che per Lui sia stata una grande soddisfazione potermi educare avendo come aula quell’ambiente. Tutto ciò mi ha insegnato ad apprendere le giuste cose dalle persone giuste, e Lui in assoluto è quello che mi ha insegnato più di tutti, quello che mi ha fatto arrabbiare più di tutti, quello che mi faceva scendere se non riuscivo a passare, che mi si mangiava di urli se facevo una cazzata, che mi ha insegnato il condividere, che mi ha trasmesso la sua passione, che nonostante la durezza che poteva avere in alcuni momenti non vedeva l’ora di arrivare in cima per un abbraccio.

E di abbracci ce ne sono stati molti, dopo ogni via che abbiamo percorso insieme, sul Gran Sasso, sulle Dolomiti, sui Sibillini, e poi lo Sci, le camminate. Nel ’91 sul Dente del Gigante e sulle Grandes Jorasses, nel 1992 sul Cervino, nel 1999 sul Campanile Basso, nel 2001 sul Badile: ma non sono queste le sole salite degne di nota, perché tra di noi c’è sempre stata la componente emozionale molto al di sopra di quella tecnica, la corda che ci ha sempre unito non era solo quella di nylon ma soprattutto quella che nasce fra te e il tuo Compagno di Cordata. E se n’è andato facendo quello che più Gli piaceva, in una domenica calda di luglio del 2007, all’attacco di una delle Sue Vie preferite (la Via a Destra della Crepa al Gran Sasso): e quello che più gli piaceva non era la Via in sé, ma il poterla fare con due ragazzi che non la conoscevano, ai quali poteva fare una testa tanta su ogni singolo passaggio, sui chiodi conosciuti a memoria, su tutta la storia della salita e di tutte le grandi classiche della parete. Parole, tante, dette col cuore, che non ti facevano pensare a quello che stavi facendo, ma che servivano a spingerti più su, a farti trovare in breve in cima….a farti innamorare di quello che stavi vivendo.

Se n’è andato, ma in realtà lo sento sempre, e credo sia così anche per gli altri che hanno avuto modo di conoscere ed apprezzare…la sua normalità.

Grazie Babbo.

Luigi Cardarelli


Fotografie

  1. 1977 – Gran Sasso, Via della Virgola, una delle tante ripatizioni di quell’anno fantastico nelle conformazioni rocciose che amava di più: i camini
  2. 2006 – durante una delle “scampagnate” a San Vito
  3. 2006 – Achille all’ultimo corso di Alpinismo invernale