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Attenti al lupo?

Riceviamo e pubblichiamo un contributo dell’Associazione Gigaro 88, volto a fare chiarezza su un tema attuale, dopo le recenti notizie comparse sulla stampa a proposito di attacchi alle greggi da parte di lupi.

Attenti al lupo?

Lo scorso mese di marzo i giornali toscani della zona di Grosseto riportavano di teste di lupi mozzate e appese ai cartelli stradali e di individui ritrovati avvelenati in varie località della Maremma. Questo potrebbe essere lo scenario del prossimo futuro in gran parte delle zone in cui il lupo ha rifatto la sua comparsa negli ultimi anni. Innanzitutto è necessario sfatare un pensiero ricorrente, cioè la credenza che i lupi siano stati reintrodotti dall’uomo, al pari di cinghiali, caprioli e cervi. Non è così, il lupo è quello nostrano (per fortuna) che, dopo la protezione legale accordatagli nel 1971, poiché ne rimanevano solo un centinaio di esemplari nel Parco Nazionale d’Abruzzo, pian piano, con la reintroduzione delle sue prede naturali da parte dell’uomo, lo spopolamento della montagna e l’aumento delle aree boscate, ha riconquistato ormai tutti i territori storici e conquistato nuovi spazi, fino a poco tempo fa impensabili (es. il Parco del Conero, il Gargano, ecc).

In Italia oggi si stimano 1500-2000 lupi. Ovviamente è giusto ed utile il fatto che questo affascinante superpredatore sia una specie particolarmente protetta, infatti è l’unico predatore capace di controllare cinghiali, caprioli e cervi, spesso responsabili di gravi danni all’agricoltura, inoltre svolge un’importante funzione di selezionatore degli erbivori, catturando generalmente gli esemplari vecchi, malati e debilitati e controlla le popolazioni degli altri predatori, ad esempio della volpe. Nello storico parco di Yellowstone è stato dimostrato che la presenza del lupo ha effetti positivi addirittura sulle piante e sui pesci; la presenza dei lupi infatti limita la sosta degli erbivori lungo i fiumi, a causa della loro maggior vulnerabilità in vicinanza dei corsi d’acqua, gli erbivori di conseguenza riducono il loro impatto sulla vegetazione delle sponde e ciò migliora la vita del fiume in generale.

Ciò premesso è un dato di fatto che spesso i lupi arrecano gravi danni ai pochi allevatori rimasti, che oltre alle mille difficoltà di un’attività dura e oggi sempre meno conveniente, si trovano a dover pagare da soli il “costo” della presenza dei lupi. In ogni caso c’è da considerare che i danni arrecati dai lupi sono all’incirca la decima parte di quelli risarciti agli agricoltori per i danni attribuiti al cinghiale, che solitamente vengono pagati dagli ATC (Ambiti Territoriali di Caccia), in quanto questo è una specie cacciabile. Se il problema venisse affrontato con serietà e determinazione da parte delle istituzioni competenti, considerando che gli allevatori, specie al di fuori delle aree protette, sono ormai molto ridotti, la convivenza lupo-uomo sarebbe possibile. Per difendersi dai lupi è necessario che le greggi siano protette da un adeguato numero di cani da gregge (pastore abruzzese- maremmano), e che di notte gli animali siano ricoverati entro recinzioni sicure, siano esse mobili o fisse.

I parchi nazionali hanno realizzato programmi di aiuto per gli allevatori per prevenire i danni da lupo, donando cuccioli di cani pastore e recinzioni elettrificate antilupo agli allevatori che ne fanno richiesta. In Abruzzo è nata una cooperativa che seleziona cani da lavoro che poi vende in tutta Italia. In genere quando si adottano adeguate misure di prevenzione i danni da lupo si riducono oltre il 90%, con soddisfazione di allevatori ed ambientalisti. Inutile dire poi che, nei casi particolari, qualora i danni dovessero verificarsi comunque, gli allevatori andrebbero prontamente risarciti, ma nel caso di una prevenzione adeguata e sistematica questi sarebbero irrisori. Le leggi attuali invece, oltre a risarcire solo parzialmente e spesso anche dopo anni gli allevatori, impongono loro anche lo smaltimento delle carcasse a proprie spese. In alternativa all’indennizzo si potrebbero adottare delle polizze assicurative che, sempre abbinate alla prevenzione obbligatoria, risarcirebbero gli allevatori. Ovviamente la prevenzione andrebbe pianificata a livello regionale, considerando la diffusione e la biologia del lupo, pertanto la regione dovrebbe farsi promotrice e coordinatrice, coinvolgendo le associazioni di allevatori e agricole e facendo formazione per tecnici e allevatori.

Se riusciremo a prendere questa direzione forse potremo salvare allevatori e lupi, che da secoli hanno convissuto, altrimenti, probabilmente perderemo sia gli uni che gli altri, e forse anche da noi troveremo le teste dei lupi appese ai cartelli stradali.