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Itinerario 3

Località di partenza: chiesa di Sant’Anatolia 781 m (Pastina)

Loc. di arrivo: P. di Galluccio 1197 m

Dislivello salita: 780 m circa

Dislivello discesa: 350 m circa

Orario complessivo: 5/7 ore

Difficoltà: EE

Segnaletica: itinerario n. 403

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Il cammino dei panorami

Da Pastina al Passo di Galluccio

Per Monte Pianamonte, Pizzo Cerqueto e M. Ceresa

Accesso

Dalla
SS 78 “Picena”, si prende il bivio per Agelli. Dopo 10 Km si supera
questa frazione e si prosegue verso Pastina. Poco prima del paese, ad
una netta curva prendere la strada che sale verso monte. In breve si
raggiunge la chiesa dove si parcheggia.

Commento

Si
tratta di una gita adatta a tutti, non presenta difficoltà particolari
(eccetto la lunghezza) e, svolgendosi per la maggior parte sul crinale
spartiacque tra le due valli del Fluvione e del Tronto, offre numerosi
punti panoramici a 360°. Si possono così ammirare i Sibillini, la Laga,
i Monti Gemelli e, più in lontananza, il Gran Sasso.

Molto
vario l’aspetto botanico, faggi, querce, castagni, pini, betulle, aceri
e molte altre essenze abbondano nella zona che infatti è stata indicata
come Zona di Interesse Comunitario.

L’itinerario,
di circa 12 Km, va perciò affrontato con un buon allenamento; lungo il
percorso non ci sono paesi e si incontrano pochissime sorgenti per cui
è consigliato avere con se una discreta riserva di acqua. La salita al
Monte Ceresa, la cima più alta del gruppo è facoltativa in quanto
richiede una piccola deviazione; non è particolarmente suggestiva, ma è
pur sempre la vetta.

Relazione

Dallo
slargo davanti alla chiesa di Sant’Anatolia (781 m) si segue la recente
strada asfaltata (ma a tratti dissestata) che sale inizialmente ripida,
si porta sulla cresta, per poi spostarsi alla sua destra attraversando
un castagneto. In circa 2 km questa termina nei pressi di una sella
erbosa, con, a sinistra, un’opera di presa. A sinistra il M. li Cucchi
(980 m circa, 0.40 ore – sorgente Frigida).

Dalla
sella si continua a destra per il sentiero che percorre la cresta,
inizialmente sulla sinistra poi a destra, dove si ricongiunge alla
pista, fino a portarsi definitivamente sul versante destro della
dorsale, che si impenna ripida. Dopo una ripida salita si torna in
cresta (tra le numerose tracce che si diramano, mantenere quella
principale). Finalmente in piano, si traversa il versante boscoso, con
esposizione NE, (in basso a destra, vista su Gaico) poi, nel bosco, si
incrocia il sentiero n. 402, che proviene da destra (1037 m, 0.50 ore).

Si
prosegue in piano e dopo poco si incrocia una vecchia pista
(proveniente da Abetito). Si prosegue in salita, verso sinistra, fino
ad una sella boscosa (1192 m).

Per un
netto sentiero sulla destra si rimonta la cresta e dopo brevi svolte ci
si porta sul largo crinale. Il sentiero diventa pista che continua
quasi pianeggiante e supera il bivio con l’itinerario n. 402 che, verso
sinistra, scende verso Agore e Piandelloro. Giunti in prossimità del
Monte Pianamonte, la pista inizia a scendere ripida ed in breve
incrocia un’altra strada sterrata proveniente da Abetito (1193 m, 0.20
ore – itineraario n. 444). Prendere a sinistra e in salita ritornare
sul crinale (1249 m, 0.10 ore).

Si
prosegue con alcuni saliscendi quindi, in prossimità di un intaglio
sulla destra, si lascia la sterrata che continua in piano e si prende
il sentiero che entra in questa valletta boscosa.

In
breve si risale un dosso, ci si porta sul versante destro della cresta
e poi si torna di nuovo sul filo del crinale, su ampie radure prative.

Raggiunto
il boscoso filo di cresta si continua fino ad uscire sui prati aperti
sommitali bordati, sulla sinistra, da betulle. Si incrocia un bivio
(1275 m, 0.20 ore – itinerario n. 448) e si continua salendo sulla
cresta per tracce fino a giungere in prossimità della cima di Pizzo
Cerqueto.

Si lascia la pista e per una
traccia tra alberi di betulla a sinistra della vetta, oppure senza un
itinerario definito, si raggiunge facilmente la panoramica cima, ottimo
balcone sui Sibillini e la Laga (1347 m). Si continua sul filo di
cresta, si rientra nel bosco in un tratto molto particolare con
notevoli faggi cresciuti sopra un grosso banco di arenaria.
Costeggiando la roccia sul lato destro della cresta (a sinistra ripidi
affacci), si passa in una breve spaccatura e si riprende poco oltre il
sentiero sui prati. Questo, sempre netto, segue quasi fedelmente la
cresta, se ne discosta leggermente per aggirare a sinistra il
Monterone, e dopo un lungo e piacevole tratto panoramico e pianeggiante
giunge sotto la cresta nord-est del Ceresa (1400 m circa), che incombe
sul lato destro con il suo verticale e severo versante nord.

Qui
si lascia la cresta e si prosegue in leggera salita sul versante
sinistro fino a raggiungere la cresta sud-est del monte. Per ripidi
prati si continua a traversare fino ad un bivio proprio sul filo della
cresta sud-ovest (1465 m, 1.10 ore). A destra, tra gli alberi, in breve
si può raggiungere la vetta boscosa del Monte Ceresa (1494 m, 0.25 ore
A/R). Ripreso il filo di cresta principale si continua per il sentiero
che lo percorre con belle vedute sulle valli sottostanti. A q. 1362, ad
una sella, parte a destra una evidente e larga mulattiera. La si
imbocca e, in leggera e continua discesa, si passa sotto Cima Macchia
per uscire dal bosco dove termina la strada bianca che viene dal Passo
del Galluccio (Prato Comune, 1216 m, 0,20 ore, casale, bivio con
itinerari n. 442 a destra per Rigo e 455 a sinistra per Piedilama).

Si
continua per la panoramica strada, si supera il bivio con il sentiero
che scende a Pretare (1180 m, 0.25 ore, sentiero n. 452) e si prosegue
fino al Passo di Galluccio; se si vuole è possibile tagliare varie
curve tenendosi sul crinale, meno monotono ma con alcuni saliscendi
(Passo di Galluccio, 1170 m, 0.45 ore).

Traversata

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Pastina: sullo sfondo il Monte dell’Ascensione

Pastina

Pastina
apparteneva un tempo al Comune di Rocca Reonile; il toponimo fa
riferimento al carattere agricolo della sua economia in quanto
derivante dal latino “pastinum”: zappa, marra o terra zappata, scassata.

La
chiesa vecchia, posta fuori dal paese, è dedicata a Sant’Anatolia ed è
di origine farfense. Presenta una facciata con campanile a vela ed un
cornicione che divide in due zone il prospetto secondo un rapporto
equo. All’interno del paese, degno di nota è un antico edificio
fortificato con feritoie e archibugi destinato al controllo e alla
difesa del territorio. All’interno vi sono particolari decorativi a
stucco con formelle ovoidali che narrano episodi mitologici. Si dice
sia stata un’abitazione della dinastia degli Sforza.

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L’invadente antenato del maiale

Il
cinghiale (Sus Scrofa) è un mammifero che appartiene alla classe degli
Artiodattili poiché si appoggia al terreno con uno zoccolo costituito
dalle unghie delle due dita intermedie.

Progenitore
del maiale domestico, ha sviluppato nel tempo specifici adattamenti
alla vita selvatica come una forma del corpo compressa lateralmente,
gli occhi piccoli e laterali, le orecchie grandi e movibili, ed un
mantello che si differenzia nelle varie parti del corpo (la giarra,
pelo irto e folto, si concentra su schiena e capo e la borra, sottopelo
corto e lanuginoso, ricopre il resto del corpo).

In
ragione del colore del pelo si possono definire tre classi di età:
striati (piccoli fino a 5 mesi con strie longitudinali nocciola chiaro
e brune), rossi (subadulti fino ai 18 mesi con colore fulvo-rossiccio)
e neri (adulti oltre i 18 mesi con mantello molto scuro che con la
vecchiaia va assumendo tonalità di grigio).

Il
cinghiale è un animale essenzialmente onnivoro e la sua dieta risulta
infatti molto variegata comprendendo frutti carnosi (pere, mele, uva,
bacche, etc.), erbe, radici, funghi, tuberi, castagne, ghiande, insetti
e non disdegnando talvolta serpenti e roditori in funzione della
momentanea necessità.

I maschi adulti conducono vita individuale, unendosi al branco nei mesi invernali in concomitanza col periodo riproduttivo.

Il
territorio del Monte Ceresa, caratterizzato da una densa copertura
forestale, localmente interrotta da prati-pascolo e coltivi, risulta
particolarmente adatto alla vita di questo mammifero che vi trova una
buona quantità di risorse e la possibilità di rifugio dopo l’intensa
attività di ricerca e alimentazione delle prime ore del giorno e del
crepuscolo.

Uomo a parte, in questo territorio
la volpe e l’aquila reale rappresentano i principali predatori per i
giovani, mentre il lupo è l’unico a riuscire ad avere la meglio anche
sugli adulti.

Il ruolo ecologico di
quest’animale è molto importante perché svolge la funzione, a scopo
alimentare, da spazzino e da “rimescolatore” della sostanza organica
presente nel terreno, ma ad esso si legano anche serie problematiche di
danni alle colture ed al sistema naturale.

In
molte aree protette, tra cui il Parco Nazionale dei Monti Sibillini e
quello del Gran Sasso e Monti della Laga, in ragione del carattere
esotico dei ceppi presenti e della potenziale dannosità di questa
specie, ci si sta impegnando per contenere le popolazioni di cinghiale
attraverso piani di abbattimento/cattura selettivi su base scientifica,
recinzioni elettrificate a protezione dei coltivi di pregio e rimborsi
verso imprenditori agrari danneggiati; in alcune aree dell’Italia,
prima tra tutte il Parco regionale della Maremma, la cattura e gli
abbattimenti selettivi, operati sempre secondo studi sulle dinamiche di
popolazione, risultano una vera e propria risorsa economica per l’Ente
gestore che, attraverso accordi con macellatori e rivenditori, riesce
ad organizzare filiere di carne di cinghiale assai redditizie.

Affacci vertiginosi sul sentiero dopo Pizzo Cerqueto

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Il M. Vettore dalla cresta per il Colle di Galluccio

Il bellissimo panorama dalla cresta del Pizzo Cerqueto