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Itinerario 13

Località di partenza: Tallacano 660 m

Località di arrivo: M. Savucco 1205 m

Dislivello: 545 m

Orario complessivo: 4/5 ore

Difficoltà: EE

Segnaletica: itinerari n. 419, 416, 418, 401, 430 e 435

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Anello del Savucco

Da Tallacano al Monte Savucco per San Pietro

Discesa: per il fosso delle Pile e Poggio Rocchetta

Accesso

Prendere
la vecchia Salaria (uscire ad Acquasanta se si proviene da ovest oppure
dopo Mozzano se si proviene da est). Nei pressi di Centrale, prendere
per Tallacano e seguire questa strada fino al paese. Parcheggiare nello
slargo all’inizio del borgo.

Commento

Tallacano,
San Pietro, Tassinara (Sasso Spaccato), Monte Savucco, Poggio
Rocchetta, sono alcune delle località più significative toccate da
questo itinerario molto piacevole e vario. Nella parte bassa troviamo
la chiesetta rurale di San Pietro, recentemente restaurata, sul bordo
di un comodo pianoro, poi lo “strano” e caratteristico canyon di Sasso
Spaccato (v. it. n. 11). In alto il panorama si fa veramente notevole
con vista a 360° dal mare al Gran Sasso, dai Monti della Laga ai
Sibillini e oltre. Vario anche il bosco: carpini, faggi, abeti, pini, e
infine castagni secolari fanno da cornice a tutto il percorso. Unico
tratto in cui prestare attenzione è la discesa dalla sella oltre il
Savucco, dove l’inizio del sentiero non è molto netto e potrebbe essere
facile sbagliare strada, anche se le varie bandierine rosso-bianche
agevolano notevolmente la discesa. 

Relazione

Dalla
netta curva sopra Tallacano (660 m) si segue per un tratto la strada
bianca che conduce a Poggio Rocchetta. Dopo circa 50 m si prende a
sinistra un netto sentiero che sale (419). Dopo alcune svolte si giunge
alla chiesetta di San Pietro posta su un panoramico pianoro (764 m,
0.15 ore, fonte).

Poco oltre la chiesa si
incrocia una sterrata che si segue verso monte. Giunti ad un bivio (801
m, 0.10 ore, incrocio con itinerario n. 420) si prende verso sinistra
(a destra si raggiunge, in pochi minuti, la Tassinara – Sasso Spaccato).

Si
continua a salire nel bosco fino a prendere il filo di cresta (nord).
Il sentiero la risale quasi fedelmente con ottimi scorci sulla valle
sottostante. Finita la cresta si obliqua verso sinistra, adesso quasi
in piano, e in breve si incrocia la pista che sale da Cocoscia (1050 m
circa, 0.45 ore, sentiero n. 416). Da qui si segue la pista verso
destra, prima in lieve salita, poi in discesa fino alla sella che
separa il M. Vicito dal M. Savucco (1.025 m circa).

Quando
la pista volge a destra del filo di cresta, ci si sposta di poco verso
sinistra e si prende un sentiero che mantiene il filo del crinale
(cresta sud-est). Si continua per questo che si alza con ripide svolte
sulla cresta, quindi a quota 1.075 m circa si devia verso destra,
costeggiando gialli strapiombi erosi dal vento, e portandosi in breve
su placche di arenaria con panorama sulla valle di Tallacano. Si
continua a traversare fino a giungere alla successiva cresta (nord) del
monte (1.053 m). Da qui si continua a sinistra sul bordo del crinale
fino alla boscosa cima del Monte Savucco (1.205 m, 0.35 ore).
Consigliamo una bella veduta da un gradino proteso nel vuoto
(attenzione!) posto prima della vetta sulla rocciosa cresta sud-est che
affaccia sul Rio Novele. Dalla cima si segue la larga cresta che separa
la valle di Tallacano da quella di Novele e Peracchia, tornando allo
scoperto su panoramici scivoli di arenaria.

Tenendosi
a destra del bordo, con breve salita, poi in discesa nel bosco
(rimboschimenti di conifere), si arriva ad incrociare il sentiero che
sale da Peracchia in corrispondenza di un intaglio della cresta (1.168
m, 0.20 ore). Da qui inizia la discesa vera e propria; prendere a
destra, nel fitto ma comodo sottobosco, facendo attenzione a non
perdere di vista le bandierine rosso-bianche che segnalano l’itinerario
perchè in questo primo tratto la traccia non è molto netta. Seguendo il
fondo della valle (c’è acqua solo fino ad inizio estate), tenendosi a
destra del fosso che scende, si giunge fino a quota 875 m dove si volge
a destra allontanandosi da questo per traversare altri fossi.
Scavalcato un crinale si rasenta un grosso masso triangolare; il
sentiero diventa molto inciso e continua a scendere direttamente.
Lasciati i faggi adesso si superano castagneti con piante ultrasecolari
di notevole circonferenza. Si raggiunge il fondo della valle dove si
incrocia il sentiero n. 430 (770 m circa, 0.45 ore). Per questo, a
destra, si continua a costeggiare il fosso Le Pile. Più pianeggiante,
si continua nel fondo valle fino ad un nuovo bivio (645 m circa). Si
continua dritti per la larga mulattiera che ora costeggia la strada
bianca per Poggio Rocchetta e, dopo aver superato un piccolo fosso,
converge su di essa (635 m, 0.30 ore). Per questa si torna a Tallacano
(0.30 ore).

Variante: per Poggio Rocchetta 

Dal
bivio a q. 645 si scende facilmente al fosso che si attraversa.
Sull’altra sponda si incrocia subito il sentiero n. 435. Lo si segue
verso destra e con lievi saliscendi si arriva a Poggio Rocchetta, tra
le prime case del paese (660 m, fonte). Scendere alla sottostante
strada bianca che, oltrepassato il ponte, pianeggiante, incrocia il
sentiero che proviene da destra (635 m, 0.30).

Per la strada si torna a Tallacano (1.5 Km, 0.30 ore).

Anello

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La verde sella sopra Peracchia; sullo sfondo, ancora innevati, i Monti della Laga

Il sempreverde delle rupi: il Leccio

Il
leccio (Quercus ilex) è una quercia a foglie coriacee persistenti
(sclerofilla sempre verde) tipica di ambienti caldi e rappresenta uno
dei componenti arborei principali della macchia mediterranea.

Questa
specie vegetale preferisce suoli con scarsa sostanza organica, ricchi
di scheletro (molto sassosi), rocciosi e con ristagno di acqua
praticamente nullo.

In ragione di tali esigenze
ecologiche, nel comprensorio del monte Ceresa il leccio rappresenta un
esempio di vegetazione extrazonale: occupa, essenzialmente allo stato
arbustivo, stazioni insistenti su piani fitoclimatici (quelli
individuati in base alla presenza o assenza di certe piante
caratteristiche) diversi da quello mediterraneo.

Più
precisamente, questa pianta colonizza i difficili ed impervi ambienti
rupestri dei versanti a reggipoggio (es. rupi di Peracchia, Capo di
Rigo, Quintodecimo, Acquasanta etc.); questi sono infatti
caratterizzati da una limitatissima possibilità di attecchimento
attribuibile agli straterelli di argilla, o comunque di materiale
sciolto, presenti tra i compatti strati di arenaria.

Con
esposizioni a solatio, assieme al leccio si ritrovano inoltre degli
arbusti tipici della macchia mediterranea come il corbezzolo (Arbutus
unedo) e l’erica (Erica arborea).

Da quanto
detto, emerge che questa pianta riesce a vincere la competizione con le
altre, non tanto perché sulle rupi si creano condizioni ambientali
associabili a quelle del clima mediterraneo, ma in maggior misura
perché riesce a vivere in condizioni di scarsità idrica estrema.

In
queste zone il leccio tende ad occupare puntuali siti sparsi su tutto
il territorio, ma sul versante sinistro della valle del fiume Tronto,
tra l’abitato di Acquasanta Terme e quello di Santa Maria, esso va a
formare una boscaglia ben strutturata che, per la sua importanza
biogeografica, è stato motivo di individuazione del Sito di Importanza
Comunitaria n.73 “Lecceta di Acquasanta Terme” (Natura 2000).

Vale
la pena, infine, ricordare la presenza nei vicini Monti Sibillini di
una delle popolazioni extrazonali di leccio a maggior quota dell’intera
catena appenninica che raggiunge circa 1600 metri di quota (lecceta
della Samara).

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La verde valle di Tallacano

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Il balcone naturale poco sotto la cima del Savucco

Uno castagneto ben tenuto