1941 / 2005
Di Marco so i primi anni in montagna, dal 1958 al 1970, poi ci siamo persi di vista. Scrivo di allora perché mi sembra necessario ricordarlo qui con gli altri di Ascoli, lui che per primo ci ha fatto conoscere nell’ambiente alpinistico di mezza Italia.
giugno 1959
Chiudo piano la porta, resto impacciato nel corridoio buio sin quando Marco s’affaccia ridendo dalla sua stanza; mi porta a salutare Mariolina, i grandi occhi di bambina brillanti d’eccitazione, i capelli neri arruffati, un sorriso preciso al suo; gli altri fratelli dormono, la madre scola in cucina gli spaghetti aglio-olio-peperoncino-pomodoro che al figlio serviranno qui da colazione e in montagna da pranzo insieme a un fondo di pagnotta imbottito di frittata, il meglio in assoluto per rimpinzare un alpinista diciassettenne di carboidrati e proteine.
Un ragazzino, quasi dieci anni meno di me, che ha cominciato ad arrampicare l’anno scorso ma sul quarto e oltre è già una sicurezza col suo muoversi deciso e fluido, un concentrato di forza e di istinto, da un appiglio all’altro; la coscienza d’essere qui perché ne ho bisogno, e che questo in qualche modo non sta bene, s’affaccia appena mentre Marco divora la prima razione giornaliera di spaghetti e la signora, vedova del maresciallo comandante la Stazione Carabinieri di Ascoli, mi invita a favorire col suo forte e sorridente accento pugliese; poi è ora di muoverci, sul Gran Sasso ci aspetta la Fantoni-Modena, sbaglieremo percorso, lui farà da primo un tratto di quinto e sesto.
Il nome di Marco compare per la prima volta sul mio quaderno sotto la data del 15 giugno ’58: “Pizzo del Diavolo da Pretare: direttissima al colletto (4°, pass. 4° sup.) e spigolo Bafile (3° e 4°), cioè lo spigolo integrale, in cordata con Gigi Mario, della Sucai Roma, ed Ignazio, stando al centro. Altra cordata Silvio Jovane, Claudio (Perini), Marco Florio. In 4 ore. Nebbia. Molto bello”.
Il 29 giugno il quaderno lo registra ancora: “Gran Sasso, Corno Piccolo, via della Spalle dall’attacco teramano (3° e 4°), in cordata con Pinetta. Altra cordata Claudio, Bucci e Marco … una grossa pietra cade sulla spalla di Pinetta sotto il camino di uscita, Pinetta vola, la reggo, ha la spalla contusa, risale facilmente. In discesa per la Danesi. Il pullman è partito, torniamo a casa con l’auto di Aladino (6500 lire).”
Di nuovo il 6 (“Corno Piccolo, cresta NNE. Con Pinetta, cordata con lei e Bucci, altra cordata C.laudio, Adalina e Marco”) e il 27 luglio (“Con Maurizio (Calibani), Marco e Vincenzo Morganti la cresta NNE, poi piove e si torna”), il 3 agosto quando con Maurizio ripercorriamo lo spigolo integrale al Pizzo del Diavolo e però “Marco scende subito perché non sta bene”, il 31 agosto alla prima ripetizione della via GAP alla Punta Maria “aperta il 24/8 da Claudio e Maurizio”, la prima via di alpinisti del Gruppo alpinisti piceni: questa volta sono io che “non sto bene” perché “vado e torno in bicicletta!”.
Nell’autunno Marco è allievo del primo corso di roccia del GAP con Peppe Fanesi, Peppe Raggi, me ed altri; nell’inverno compiamo insieme qualche gita sci-alpinistica, ricordo la sua camicia rossa e, ad ogni curva, la sua testarda e vincente lotta con la tecnica di discesa; ma già nell’estate del ’59 va da primo, sulle Spalle e aprendo con Raggi sul Pizzo del Diavolo una variante alla via del camino, ancora con me sulla Fantoni-Modena e in un tentativo alla cresta nord del Paretone, fallito quando abbiamo superato l’insidioso tratto iniziale “perché una scarica di pietre dall’alto ci porta via il sacco mentre siamo fermi. Ritroviamo quasi tutto in fondo ma è troppo tardi per risalire. Si torna in Ascoli in autostop”.
A luglio ‘59 saliamo insieme la Centrale a comando alternato, poi la Vittorini-Berardi alla Est del Pizzo del Diavolo, qui è lui capocordata (“4° sup., un pass. 5° sup, durissimo, in alto, via brutta su roccia non buona”; e, naturalmente, “vado un po’ male”), due prime ripetizioni; in agosto, nell’accantonamento GAP sulle Alpi, ci leghiamo per la traversata dalla Monterosahutte alla capanna Margherita per la Dufour e la Zumstein e siamo di nuovo insieme il 31 dicembre, con Pinetta tra noi, per la prima invernale alla Cresta di Galluccio sul Vettore.
Intanto, settembre ’59, è nata la cordata Florio-Calibani: nell’arco di una settimana apre sul Pizzo del Diavolo la via al Colletto del Gran Gendarme (passaggi di V+ e A1), una variante alla via della Riga e la direttissima alla Punta Cichetti; a ottobre altra variante alla D’Angelo-Narducci sul terzo pilastro del Paretone al Gran Sasso, prima ripetizione: un duo vincente, Maurizio che studia e organizza ma anche arrampica da primo o da perfetto secondo e Marco che, appunto, garantisce il risultato.
Nel 1960, dopo la prima assoluta sullo Scoglio delle Aquile al Vettore con Ugo Capponi, Marco apre da solo la Florio sulla Nord del Corno Piccolo e con Maurizio la Florio-Calibani alla Est del Pizzo del Diavolo; sono del 1961, sempre con Maurizio, la prima ripetizione invernale della Iannetta al Paretone e la prima invernale della Gervasutti alla Punta dei Due e ancora, se non sbaglio, le prime ripetizioni della Moretti-Mainini al Gran Gendarme, della direttissima D’Armi alla parete Est e della Vagniluca-Cecchini al Castello sul Pizzo del Diavolo, infine della Jovane-Mario al 2° Pilastro sul Paretone; la loro cordata ripeterà ancora, specie al Gran Sasso, innumerevoli percorsi anche di difficoltà superiore, dalla via dei Pulpiti al Monolito allo spigolo della Crepa. Dunque nel 1960, e ancora nel ’61, non arrampico con Marco salvo che per la prima della Saladini-Florio, 1° ottobre ’61, ancora sul versante nord del Corno Piccolo: siccome non sembra e poi in effetti non è difficile, vado da primo su seconda e quarta tirata, intitolandomi per meriti di età, e anche perché lui non ne ha bisogno, un itinerario destinato a diventare classico nel ramo basse difficoltà.
Torniamo a legarci nei tre anni successivi, tra l’altro al Gran Sasso per la via a destra della Crepa e la prima della Gigino Barbizzi di nuovo sul versante Nord del Corno Piccolo, al Pizzo del Diavolo per la prima invernale alla punta Cichetti e sulla parete Est: io ormai stabilmente dietro.
Altro intervallo, anche perché a marzo ’66 mi rompo sciando, fino al 1968 quando Marco, in una con la cordata teramana guidata da Fernando Di Filippo, mi porta con Giancarlo Tosti sulla prima della Che Guevara, ancora inevitabilmente sulla nord del Corno Piccolo, e con Maurizio sullo Sperone SE al torrione Cambi, “molto duro per me” secondo i sinceri appunti di allora.
Compare per l’ultima volta sul mio quaderno il 22.3.1970: “con Alessio, Adelmo, Marco poi i Calibani da Campotosto alla Cima di mezzo sui Monti della Laghetta, in sci”.
Comincia a lavorare presto come operaio, maturando una netta coscienza anti-borghese che per quanto so lo accompagnerà tutta la vita; siccome intelligenza e voglia di fare non gli mancano, la CGIL lo tira presto fuori dalla fabbrica: sarà per anni sindacalista nel difficile settore dell’agricoltura.
Quando lascia il sindacato fonda la Coosport e apre un punto vendita col dichiarato scopo di abbassare i prezzi degli articoli di montagna, e non solo, divenendo un importante punto di riferimento anche commerciale del piccolo mondo alpinistico ascolano. Si accentua in questo periodo il distacco dai vecchi compagni del GAP, ormai entrati a dirigere la Sezione CAI: Marco avvia o guida in montagna un gruppo di amici – Francesco e Federico Alessi, Dario Cannella, Luigi Castelli, Alberto Marfoli, Antonio Palermi, Claudio Sacripanti, Enrico Vallorani ed altri – coi quali apre a partire dal 1981 interessanti percorsi invernali: ne usciranno ottimi alpinisti, tra essi due istruttori nazionali.
Nel 1982 sale in solitaria la nord del Camicia, un’impresa di valore eccezionale sul piano psicologico prima che tecnico; Stanislao Pietrostefani (in “Monte Camicia, parete Nord” (vedi la sezione “la storia” di questo sito) commenta così la sua relazione (ivi): “nelle pagine seguenti emerge … il tranquillo e quasi beffardo racconto di Marco Florio, l’alpinista piceno noto per una attività alpinistica di primo ordine, ultratrentennale, ed ardite scale in solitaria. La sinistra, immane parete sembra sorpresa che un uomo l’affronti da solo, in estate, usando la becca di un martello da ghiaccio e scarponi e, per provviste, una grossa frittata …”.
E’ la foto di quella parete, col tracciato del suo itinerario, che i familiari pongono davanti alla bara di Marco nell’obitorio di Ascoli, dopo che un infarto l’ha stroncato durante una gita nei boschi sopra Acquasanta.
La guardo e rivedo il sorriso straordinariamente vivo e fiducioso di un ragazzo, tanti anni fa.
Francesco Saladini
Fotografie
- 1960 – Marco Florio sulla Est del Pizzo del Diavolo durante l’apertura della via Florio-Calibani
- 1959 – W.Bonatti al Lago di Pilato, Marco Florio alla sua destra, M.Calibani alla sinistra
- Marco alle Spalle negli anni’60
- Marco Florio (a destra) partecipa al Trofeo Zilioli (anni ’60)